Continua la nostra chiacchierata con l’enologo Giulio Davoli e il presidente Lucio Brighenti della cantina sociale di Masone Campogalliano: terza parte.
Come si va a inserire il vostro calendario di lavoro con quello del territorio? Siete presenti a feste e fiere?
(GD): Siamo presenti al Vinitaly, che è l’evento più importante del settore e quest’anno si terrà a Verona dal 7 al 10 aprile. Quest’anno andremo grazie al Consorzio del Lambrusco, che ha dato la possibilità a tutti i consorziati di presentare i propri prodotti. Abbiamo sempre aderito alla manifestazione Lambrusco Mio, che si teneva anni fa nel modenese. Inoltre partecipiamo ad altre fiere e sagre della zona, a Campogalliano, a San Maurizio, a Gonzaga.
Qual è l’andamento del consumo di vino?
Siamo di fronte a un continuo calo del consumo, specialmente in Italia. L’unico incremento, all’estero, è dato dalle economie emergenti, come l’India e la Cina. A livello nazionale siamo scesi per la prima volta sotto i 40 litri pro capite annuali. Quindi il nostro ragionamento è: “se la gente beve meno, che almeno beva bene e che sia disposta a riconoscere la qualità anche dal punto di vista del prezzo”.
Qual è il bicchiere giusto per bere il Lambrusco? Cosa c’è nel piatto?
Il Consorzio del Lambrusco ha realizzato un bicchiere ad hoc. Ha una forma di tulipano e serve per amplificare i profumi in uscita. Essendo un vino effervescente, che già di sua natura sprigiona i profumi perché vengono spinti all’esterno dall’anidride carbonica, questa forma è adatta perché va a convogliare tutti i profumi. Il lambrusco va bevuto a temperatura di cantina, fresco. L’abbinamento culinario perfetto è con la cucina emiliana al suo meglio: cotechino, cappelletti, sughi, tortelli, arrosti, le nostre minestre. Un tempo si metteva un po’ vino nella minestra.
Inoltre vi è un utilizzo locale piuttosto sviluppato di saba tradizionale e di mosto per fare i “sughi”, che produciamo. Cerchiamo di mantenere le tradizioni locali, che sono molto apprezzate e sentite.
In questo momento costa sta accadendo in cantina e nei campi?
In campagna in questo momento stanno potando. Quindi si comincia a delineare quale sarà la produzione che poi arriverà in vendemmia. In cantina stiamo vendendo il vino in damigiana. I vini sono già tutti completati, perché il Lambrusco finisce il suo ciclo di vita con la fine dell’anno o con l’inizio dell’anno. Si sta mantenendo e controllando il prodotto, si stanno facendo i tagli e i travasi. Portiamo il vino a una cantina dove viene imbottigliato, e poi ci viene riconsegnato. A breve, visto che la vendemmia è un periodo breve ma molto intenso, cominceremo a preparare la struttura e i macchinari per il periodo vendemmiale.
La vendemmia è davvero un periodo caotico e frenetico, che dura fra il mese e mezzo e i due mesi. In quel periodo deve funzionare tutto alla perfezione. Una volta finita la vendemmia si comincia a ripreparare le macchine. Adesso stiamo lavorando alla manutenzione delle macchine per essere veramente pronti alla vendemmia, ormai anticipata tutti gli anni quasi di una ventina fi giorni, viste le variazioni climatiche.
Una volta si vendemmiava anche con la neve, fino a novembre. C’era l’uva di San Martino, e non era un modo di dire: l’11 novembre la gente raccoglieva ancora l’uva. Adesso il 6 novembre si esce con il novello. L’anno scorso abbiamo raccorto la prima uva, lo Chardonnay, il 17 di agosto. Quest’anno l’abbiamo raccolta leggermente dopo, il 21 di agosto. Ormai mediamente la vendemmia inizia verso ferragosto e si conclude con le varietà più tardive, come il Lambrusco di Grasparossa, a fine ottobre.
La vendemmia è diventata fondamentalmente meccanica, e anche i tempi di raccolta si sono accorciati, con tutto il bene e il male che ciò comporta. Non possiamo fermare il progresso: il futuro va incontro a una raccolta meccanica e noi ci siamo dovuti attrezzare per imparare a gestire questo tipo diverso di uva che fondamentalmente entra in cantina già pigiata, già mostata, non più con grappoli interi, com’era fino a pochi anni fa. L’aumento dell’uva raccolta meccanicamente è esponenziale. Siamo arrivati all’80% di uva raccolta meccanicamente. Fino a cinque anni fa eravamo al 20%.
Quindi il futuro è automazione, ma anche specializzazione?
Decisamente. Abbiamo introdotto delle regole in cantina per chi vendemmia a macchina, delle penalità e un controllo qualità già da questa fase, che premia chi dedica cura e attenzione alle proprie uve. Dobbiamo gestire l’innovazione anche del lavoro, perché quando si vendemmiava solo a mano la capacità di raccolta di una persona non poteva mai raggiungere quella di una macchina: mentre un socio riusciva a portare al massimo 50 / 60 quintali al giorno, adesso ne porta fra i 400 e i 500. La vendemmia si sta accorciando e anche noi ci siamo dovuti attrezzare per far sì di gestire bene questo fiume d’uva.
Vi è soddisfazione nel portare avanti un qualcosa così radicato nella tradizione?
Sì, è quasi una missione: si sta cercando di non abbandonare qualcosa che c’è da sempre, e che dobbiamo e vogliamo portare avanti. Con tutte le difficoltà dell’approcciarsi con un mondo che spesso non lo capisce e non lo apprezza più. La soddisfazione c’è anche nelle parole dei soci che sono contenti dell’operato della Cantina e hanno fiducia nell’operato comune. La cantina dà più sicurezza a livello economico, aiuta il singolo socio nei momenti di difficoltà e ha un rapporto paritario. Il socio può anche portare qui i propri risparmi, come se fosse una banca: la cantina ha una funzione sociale ben precisa, anche perché si crea un meccanismo di autofinanziamento.
L’agricoltore, che vive di un reddito stagionale, deve avere la possibilità di gestire tutta l’annata. Questo vale per qualsiasi produzione agricola, quindi l’agricoltore si trova sempre in esborso di soldi fino a quando non gli torna il guadagno, se gli torna. Bisogna capire la filosofia della cooperativa, che è nata come strumento di mutua assistenza e sostegno comune.
(LB): Tempo fa la Cantina è nata per ritirare il prodotto e dare un servizio all’agricoltore, ed è un meccanismo che funziona e che regala ottimi risultati a tutti. Però, allo stesso tempo, le cooperative devono adattarsi ai tempi, imparare a lavorare come un’industria, anche perché la parte burocratica è molto impegnativa. La cantina sociale deve ragionare come un’impresa vera e propria, pur mantenendo le sue peculiarità.