Il ferroviere (Pietro Germi, 1956): “Uva!”

Un film fatto per gente all’antica… col risvolto dei pantaloni.

Pietro Germi

 

Germi - Il ferroviere

 

Comincia la notte di Natale “Il ferroviere” di Pietro Germi, con il protagonista che chiama “uva” il vino che sta bevendo all’osteria. Un film, con un inizio non casuale…

 

Un altro grande regista italiano, Ermanno Olmi, ci racconta: «Settembre 1961, a Roma. Da Rosati a via Veneto. Germi lo trovavi sempre lì, al bancone del bar, seduto davanti a un bicchiere di vino. Non era una posa d’artista: era davvero nella sua natura starsene silenzioso a pensare sorseggiando del buon vino.

 

Se non avessi saputo ch’era un celebre regista e anche attore avrei detto, per istintiva sensazione, che poteva essere un ferroviere. Perché mi ricordava mio padre come lo avevo in mente da bambino: anche lui ferroviere. Gente solida, buoni bevitori ma rigorosamente sobri in servizio. Quel giorno di settembre, fu proprio Germi a rivolgermi un saluto.

 

Fino ad allora, io lo incontravo spesso lì (lo ammiravo moltissimo), ma non avevo mai osato importunarlo. Mi disse che aveva visto Il posto, il mio film che era stato alla Mostra di Venezia e che gli era piaciuto. Io gli confidai la grande emozione (e le lacrime!) per il suo Ferroviere.

 

Ma al di là della grazia sublime dell’opera ‒ di una rara potenza poetica! ‒ c’era per me una ragione particolare, che mi faceva amare in modo speciale quel suo film: riguardava la mia stessa vita e quella di mio padre.»

 

 

Un invito a recuperare un’opera che è stata definita “un monumento cinematografico di dramma e realismo” (Mario Sesti)!

 

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