Storia del Lambrusco – 2° puntata

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Continuiamo a riproporre l’opera di Guido Montaldo, “Il Lambrusco, un vino dalle origini antiche, dal gusto moderno“, pubblicazione della Camera di Commercio di Modena e dal Consorzio Marchio Storico dei Lambruschi Modenesi.

 

plinio4Anche Plinio il Vecchio, originario del territorio comasco, doveva conoscere bene la vite labrusca poiché nella sua opera “Naturalis Historia” afferma, parlando della vitis vinifera, che le sue foglie, come quelle della vitis labrusca “sicut labrusca”, diventano color sangue prima di cadere.

 

La presenza originaria in Italia di questa famiglia di vitigni si può attestare quindi soprattutto in Valle Padana, la struttura stessa della voce labrusca, la cui formante in sca è in effetti tipicamente paleoligure, ci indica un possibile luogo di provenienza, nella zona abitata da popolazioni liguri e affini, cioè in una vasta zona che della Liguria si estendeva fino alla Toscana, comprendendo buona parte della Pianura Padana.

 

Ma quali sono le caratteristiche di questi vitigni coltivati che già nella prima metà dell’800 si designavano come lambrusche? Si tratta di vitigni assai rustici, con pezioli rossi o con foglie che tendono al rosso in autunno, con acini più o meno piccoli e radi, ma fortemente colorati. Si aggiunga per quanto riguarda il portamento e il sistema di allevamento, che tutte amano salire sugli alberi.

 

Nessuno pretenderà certo di stabilire una continuità specifica tra una paleoligure labrusca (vite selvatica) e il nostro lambrusco, varietà di vitigno coltivato dal quale si produce il Lambrusco, si ratta beninteso di una continuità generica, ma che trova una sua conferma oltre che nei dati linguistici, in documenti archeologici, ai quali non pare si sia rivolta sinora la dovuta attenzione.

 

Si tratta di reperti riferibili a strati archeologici preistorici e protostorici e non è un caso che tali reperti siano localizzati proprio nel Modenese.

 

A Modena stessa le costruzioni e le tombe di età barbarica si trovano a livelli profondi di 2-3 metri e al di sotto sono stratificate le reliquie della Mutina romana. I reperti di tronchi d’albero maritati alla vite, localizzati a profondità tra i dieci e quindici metri, sembra pertanto debbano essere riferiti ad un’età ancor prima degli etruschi e dei Galli Boi, probabilmente in cui in tribù paleoliguri abitavano la zona.

 

Continua…

 

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