La Commissione Europea sta valutando una modifica del regolamento n.607/2009, che regolamenta l’utilizzo dei nomi dei vini: la proposta di cambiamento riguarda la liberalizzazione dell’uso dei nomi di varietà di uva per indicare il vino che non hanno anche un’indicazione di appartenenza geografica specificata. La conseguenza immediata (con enorme danno per l’economia nazionale)? Che il Lambrusco del nostro territorio, assieme ad altri vini quali il Vermentino, il Teroldego, il Barbera, il Sangiovese e molti altri, potrebbero essere legittimamente prodotti anche in altri Paesi europei.
L’allarme, lanciato dall’eurodeputato Paolo De Castro, ha fatto reagire tutti i produttori coinvolti, le associazioni di categoria e le istituzioni. Il Ministero delle Politiche Agricole ha inviato immediata comunicazione alla Commissione con indicazioni di sbarramento alla possibile liberalizzazione, e l’assessore regionale Simona Caselli si recherà nei prossimi giorni a Bruxelles. Per il momento non sembrano esserci avanzamenti nella proposta, e si sta formando un’azione congiunta a livello nazionale.
Il livello d’allerta rimane comunque alto, anche perché, come afferma De Castro: “la vera preda è il Lambrusco. Un vino del quale, nelle province di Modena e Reggio Emilia, si producono ogni anno 400 milioni di bottiglie, più di un milione di ettolitri, per un valore di 500 milioni di euro. Dopo il Prosecco è il vino italiano più bevuto nel mondo”. Un giro di affari che fa gola a molti, soprattutto a Spagna e Portogallo.
Abbiamo riportato alcune dichiarazioni significative sul sito del Consorzio Tutela del Lambrusco di Modena (link).