Il nostro tour per le cantine che tengono alto nel mondo il nome del Lambrusco ci porta ancora a Sorbara, alla scoperta della Cantina Paltrinieri: un’azienda familiare esistente da quasi novant’anni, e da sempre impegnata nel realizzare un vino unico, capace di differenziarsi per i continui investimenti in ricerca e sviluppo effettuati dalla famiglia, nel rispetto della tradizione.
In cantina abbiamo conosciuto Alberto Paltrinieri e sua moglie Barbara Galassi, rappresentanti della terza generazione della cantina.
Alberto, qual è la storia della cantina?
La Cantina Paltrinieri è stata fondata nel 1926 da mio nonno paterno Achille, che di professione era chimico farmacista. La mia famiglia è nativa del Cristo, cuore della produzione del Lambrusco di Sorbara. La parte vecchia della cantina, che strutturalmente è rimasta intatta, è stata creata da lui.
Mio nonno purtroppo è venuto a mancare presto, a metà degli anni ’50, e dopo di lui l’attività è stata portata avanti dai miei genitori con tanta passione e dedizione, fino a metà degli anni ’90 quando, finiti gli studi di agraria all’università di Bologna, sono entrato in azienda insieme a mia moglie Barbara, introducendo l’uso del metodo charmat per la presa di spuma.
In questi anni la cantina, grazie alla competenza degli enologi Attilio Pagli e Leonardo Conti, ha preso sempre più la strada di identificarsi col proprio territorio, vinificando il Sorbara in modo da esaltare le caratteristiche più tipiche di questo vitigno.
Produciamo quindi Lambrusco di Sorbara in varie versioni, con un’attenzione particolare a quelle in purezza, sia col metodo charmat, sia col metodo classico, sia rifermentato in bottiglia. Questa ultima versione, “ Radice”, che negli ultimi anni sta avendo un ritorno di attenzione e interesse, non è mai stata abbandonata dall’azienda.
Barbara, qual è il punto di forza di questa cantina?
Secondo me il fatto che in cantina tutte le difficoltà sono affrontate come occasioni di crescita e di rapporto. Lo scorso anno ad esempio, rispetto ad alcuni problemi legati ai tappi, oltre che a mettere in atto le classiche procedure che si devono attivare in questi casi come la sostituzione del vino, abbiamo deciso di sfruttare il problema aderendo a un progetto europeo volto a limitare le interferenze che i tappi possono avere con i vini.
Abbiamo fatto rete con una cantina portoghese che aveva il nostro stesso interesse, un’azienda romana che crea sensori capaci di analizzare i tappi e un’azienda ungherese che si occupa di imbottigliamento. In questo progetto, inoltre, ci avvaliamo degli studi di un istituto di ricerca romano e un istituto di ricerca catalano specializzato nell’analisi sui tappi.
Il nostro progetto è quello di dare forma a un prototipo che in fase di imbottigliamento analizzi i tappi e, qualora questi presentino determinate criticità, li scarti. In molti altri campi e settori si utilizzano “nasi elettronici” per le analisi di qualità, e crediamo che adottare questa tecnologia al nostro settore potrebbe limitare fortemente i danni d’esercizio.
Siete stati colpiti dalla grandinata di fine aprile?
Sì, purtroppo e a questa calamità naturale si aggiunge un andamento climatico molto sfavorevole; ma anche questa circostanza è stata ed è un’occasione di crescita: ci stiamo avvalendo della professionalità e competenza di un agronomo, Stefano Dini, con il quale stiamo rivedendo tutte le scelte agronomiche fatte fin ora per migliorare la nostra produzione.
Allo stesso modo, anche il terremoto di due anni fa, che per fortuna non ha causato danni strutturali all’azienda, è stata la possibilità di scoprire la solidarietà di tanti clienti, un esempio su tutti un nostro cliente di Berlino, Bruno, che per sostenerci ha fatto un ordine molto più consistente del solito, dicendo che questo era il suo modo per contribuire alla ripresa nostra e del territorio. Da allora le quantità che ci richiede sono rimaste intatte, perché in quell’occasione ha iniziato a proporre più spesso il lambrusco ai propri clienti. Anche in questo caso, dunque, è nata una novità da un problema.
Alberto, dal punto di vista della produzione cosa vi distingue?
Il fatto che puntiamo sul Sorbara in purezza, come espressione del nostro territorio, nel rispetto della tipicità, ci sembra essere l’unica strada percorribile per un’azienda come la nostra, e questo ci fa appassionare ancora di più al nostro lavoro.
Barbara, qual è il tuo percorso personale?
Io sono di Cesena. Ho conosciuto mio marito a Bologna, dove studiavo Filosofia. Dopo la laurea ho insegnato per quattro anni, ed ero convinta che quello di maestra sarebbe stato il lavoro della mia vita. Quello che mi piaceva dell’insegnamento era vedere i bambini crescere e imparare nuove cose. Dopo essere diventata mamma ha dovuto decidere cosa fare: se tornare a scuola o lavorare in cantina assieme a mio marito.
Ho scelto la seconda strada e adesso posso dire che quello che mi piaceva dell’insegnamento ora lo riscopro nel ciclo delle viti: uno spettacolo che mi stupisce ogni anno.
I nomi dei vostri vini hanno significati particolari?
Sì, non solo i nomi, ma anche le etichette sono frutto della collaborazione con l’artista Fabrizio Loschi.
Leclisse, selezione di sorbara in purezza, sottolinea l’eccezionalità della prima annata di produzione.
Il Radice, con l’estratto di mappa riportato in etichetta, rimarca la tradizione e il luogo in cui da sempre siamo.
Il Grosso, spumante metodo classico, riprende il nome della prima moneta coniata in epoca medievale dal comune di Modena.
Il Sant’Agata è un richiamo al territorio, essendo Sant’Agata la patrona di Sorbara.
La Piria è l’antico strumento usato come imbuto per i travasi.
Greto e Solco, due versioni di salamino in purezza, richiamano l’idea dei due fiumi Secchia e Panaro che solcano i nostri territori.
Bianco sottolinea la semplicità di un prodotto mai banale.
Quello sul quale stiamo investendo ultimamente è la possibilità di far conoscere e apprezzare il nostro lavoro, dando ampio spazio a visite guidate e a degustazioni a gruppi e non solo, accogliendo una richiesta sempre più in crescita di visitatori, spesso anche dall’estero.
Non c’è nulla di più gratificante del condividere l’amore al proprio lavoro…
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