Oggi vi proponiamo l’ultimo dei nostri post dedicati alla Cantina Cavicchioli. L’enologo Sandro Cavicchioli ci ha parlato di diverse attività della cantina: dalla partecipazione a eventi alla modalità di raccolta delle uve.
Come sono i vostri vitigni?
I nostri vitigni crescono nell’area del lambrusco di Sorbara, universalmente riconosciuta come il cuore del lambrusco. L’area è a nord di Modena, è pianeggiante e, a causa delle sue origini fluviali, i terreni sono prevalentemente argillosi e sabbiosi.
Quando si sente dire “il vino buono nasce solo in collina”, bisogna sempre rispondere “tutti tranne il lambrusco di Sorbara”. Il Sorbara è un vitigno fragile, con un problema genetico: il polline è sterile. Per questo motivo i campi di Sorbara accostano due piante di questa vite con una pianta di Salamino. Le piante di Salamino impollinano quelle di Sorbara. È quasi un caso di fecondazione assistita.
Tutta la vendemmia delle vostre uve è meccanizzata?
Quasi tutta. Il Vigna del Cristo e il Rosé del Cristo, però, sono prodotti con uva raccolta manualmente in cassetta, perché per quel tipo di prodotto è una tecnica più indicata.
Vi consiglio una lettura: Vino al Vino di Mario Soldati. È un testo frutto del viaggio compiuto dallo scrittore e regista torinese nei territori italiani più importanti dal punto di vista della produzione enologica. In questi tre volumi ci sono cinque pagine dedicate al lambrusco. È davvero interessante, perché fa vedere che nel 1970 il lambrusco era vissuto esattamente come adesso.
Queste pagine dimostrano come il concetto secondo il quale una produzione di vino in grande quantità corrisponde a un vino di bassa qualità viene ribaltato dal lambrusco. È un’eccezione che conferma la regola.
A fine ‘800 Gino Friedmann, un avvocato ebreo di Nonantola, ebbe l’idea di fondare le cantine sociali, proprio perché il lambrusco esalta le proprie caratteristiche qualitative grazie all’aggregazione fra agricoltori che favorisce la realizzazione di un buon prodotto in grandi quantità.
Che fine fanno gli scarti di produzione?
Le bucce e i raspi vengono venduti alle distillerie. Una volta a Modena c’era la distilleria vinacce, adesso invece mandiamo tutto in Romagna.
Il terremoto ha provocato danni in cantina?
Sì, parecchi! Siamo stati fermi per tre mesi, e stiamo ancora sistemando e ristrutturando le strutture.
Quella di Cavicchioli è una realtà molto radicata nel territorio. Consolidate questa presenza partecipando a eventi locali?
Sì, partecipiamo a tutti gli eventi, piccoli e grandi, dedicati al lambrusco. Tutte le aziende che vogliono vivere il territorio lo fanno, perché la qualità del vino è determinata anche dal confronto con gli altri produttori e dalla conoscenza della cultura del settore. Restando chiusi nella propria cantina non ci si evolve.
Collaborate con chi produce altri prodotti tipici della zona?
Sì, attraverso il Consorzio Marchio Storico dei Lambruschi Modenesi, ad esempio, partecipiamo a Palatipico, un “consorzio dei consorzi” che si pone l’obiettivo di promuovere le tipicità della zona. Nell’ambito di Palatipico partecipiamo a diversi eventi, assieme ai produttori di tipicità agroalimentari della zona.
Organizziamo pure eventi del genere qui in cantina, nella foresteria. Si tratta di una vecchia cascina, oggi purtroppo inagibile, che è stata ristrutturata e adibita per le degustazioni e per gli eventi.