Riportiamo un interessante studio sulle proprietà cardiovascolari del Lambrusco di qualche tempo fa, ma sempre attuale, che ha viaggiato tra Modena e Pisa, e i cui risultati sono stati pubblicati anche da riviste scientifiche internazionali come YMEHY.
“Lambrusco, Sirtuine e Nefroprotezione” ha visto un confronto tra scienziati e studiosi: Prof. Dipak Das, University of Connecticut School of Medicine, USA, Dr. Alberto A.E. Bertelli, Università degli Studi di Milano, Prof. Luca Giovannini e Dr. Claudio Mannari Università di Pisa.
Potremmo chiamarlo il “paradosso emiliano”: analizzando i dati Istat tra il 1994 e il 1999, la mortalità per cause cardiocerebrovascolari in Emilia Romagna è stata di 389 casi su 100.000 abitanti contro i 458 delle Marche, i 500 della Toscana, i 601 della Liguria – regioni con dieta più “mediterranea” – e notevolmente inferiori anche a quella di regioni confinanti come Piemonte e Lombardia, ove il tipo di alimentazione è abbastanza simile all’Emilia Romagna.
Che sia merito del notevole consumo del vino Lambrusco, il tipico rosso frizzante emiliano? La suggestiva tesi, che aggiunge un tassello in più al già noto tema del rapporto vino-salute, è stata riportata dal prof.Carlo Fernandez, direttore del College di Cardiologia pratica presso l’Università di Firenze, che ha organizzato un’inedita ricerca commissionata dall’Enoteca Regionale Emilia Romagna e dai Consorzi del Lambrusco di Modena e Reggio Emilia al Consorzio Mario Negri Sud, presentata nei mesi scorsi a Modena nell’ambito dell’evento “Lambrusco mio”.
Nel Lambrusco infatti, uno dei vini italiani più venduti e diffusi nel mondo – 450.000 ettolitri quello Doc prodotto nelle province di Modena e Reggio Emilia – vi sono componenti naturali potenzialmente importanti come fattori di protezione vascolare. E il contenuto alcolico è relativamente basso.
L’analisi delle componenti ad azione vasculoprotettiva si è svolta su quattro campioni di vino Lambrusco, in anonimo. Il progetto seguiva le seguenti modalità analitiche: analisi completa di tutte le sostanze fenoliche; analisi cromatografica (HPLC) e gascromatografica di massa (GC-MS); valutazione globale polimolecolare nonché delle componenti antiossidanti.
Ebbene, la media tra i quattro campioni per i polifenoli è di 11,5 mgh/l, assai simile a quanto riferito in letteratura per i vini, sia di produzione italiana che di produzione francese o americana, di maggiore corpo e grado alcolico.
“Ma quello che sorprende sono alcune peculiarità riscontrate nel Lambrusco, quali la presenza di antociani di tipo diverso da quelli comunemente riscontrabili negli altri vini e, soprattutto, la presenza preponderante delle cumarine rispetto alle altre classi di polifenoli – ha spiegato la dottoressa Maria Benedetta Donati, del Dipartimento di Medicina e Farmacologia Vascolare presso il Consorzio Mario Negri Sud – Inoltre, le cumarine ritrovate non corrispondono esattamente alle strutture conosciute, anche se sono riconducibili alle classi cui appartengono l’esculetina e l’umbelliferone. È noto che alcuni componenti della famiglia delle cumarine, sia naturali che sintetiche, esercitano effetti anticoagulanti (in quanto antagonisti della vitamina K) ed effetti anti-infiammatori (inibitori delle prostaglandine e ‘scavenger’ – spazzini – di radicali liberi dell’ossigeno). Ed è la prima volta che il livello cumarinico viene evidenziato in questo tipo di vino”.
“Basti pensare – ha puntualizzato il prof.Fernandez – che la cumarina in farmacologia è utilizzata quale principale anticoagulante con effetto a livello ematico e parietale, d’uso obbligatorio in presenza di infarto miocardico acuto, nella protezione del post-infarto ed in tutti i casi in cui il paziente necessiti di angioplastica coronarica, angioplastica con stent o by-pass”.
Sulla base di questi dati, si è poi deciso di valutare l’eventuale incidenza dell’assunzione abituale di Lambrusco sulla patologia cerebrocardiovascolare in Emilia-Romagna.
Sono emersi alcuni imprevedibili elementi: in una regione ad elevato consumo dietetico di grassi, latticini e carni suine e comunque tipica per dieta abituale ipercalorica, le percentuali di mortalità e morbilità sono nettamente inferiori a quelle delle altre regioni vicine o limitrofe: ciò può autorizzare a parlare di “paradosso emiliano”?
L’argomento richiede studi epidemiologici più approfonditi e, come hanno detto gli studiosi, siamo ancora a un punto di partenza. Inoltre, per essere benefica, l’assunzione di cumarine deve essere costante: a maggior ragione il consumo del vino deve essere “blando e continuo”.
Per il Lambrusco, vino a basso tenore alcolico, 400 gr. al giorno possono rappresentare un elemento protettivo tutt’altro che trascurabile.