Festeggiare San Martino l’11 novembre è un’importante tradizione contadina che affonda le sue radici in antiche usanze precristiane: i popoli celtici nei primi dieci gironi di novembre festeggiavano il capodanno, il Samuin. Dalla leggenda del santo, che taglia il proprio mantello per riparare dal freddo un viandante, proviene la credenza (fenomeno che spesso accade nella realtà) dell’estate di San Martino, una parentesi di giorni più miti in mezzo al gelo di metà autunno.
I festeggiamenti coincidono con il “rito” di finire il vino vecchio e pulire le botti, e bere il vino novello.
Da questa usanza derivano alcuni proverbi: “per San Martino ogni mosto è vino”, il romagolo “par Sa’ Marten u s’imbariega grend e znèn”(“per San Martino s’ubriaca il grande e il piccino”), per San Martino si spilla il botticino” “per San Martino cadon le foglie e si spilla il vino”. E ancora, nell’area della pianura padana, “per San Martino castagne, oca e vino!”.
Questo è infatti il momento in cui le oche selvatiche migrano verso sud. Sono dunque giorni di caccia e di cucina: “oca e vino tieni tutto per San Martino”.
Come Carducci evoca nella celebre poesia “San Martino”:
La nebbia a gl’irti colli
piovigginando sale,
e sotto il maestrale
urla e biancheggia il mar;
ma per le vie del borgo
dal ribollir de’ tini
va l’aspro odor dei vini
l’anime a rallegrar…
Concludiamo con la spettacolare opera di Bruegel il Vecchio, “Festa di San Martino”, riscoperta ed esposta solo nel 2010. Buoni festeggiamenti!